Visita a Su Peltusu (Cossoine, SS)
13 Aprile 2003

Stefano Pinna, Stefano Schintu, Sandra Cabras.

La festa di Stefano Fresi sabato sera ha mietuto parecchie vittime: chi ha qualche problema ai reni, chi ha bevuto qualche bicchiere di troppo, chi ha preso qualche colpo in più e il G.S.A.S. si trasforma in una banda di "negoni" (che se la negano)... Tutti tranne tre irriducibili, la banda delle tre Esse, che in barba a tutti e controcorrente decidono di tenere fede al programma iniziale ed entrare a "Sa Ucca e su Peltusu", la più grande grotta della provincia di Sassari.

Se all'inizio ero tranquilla quando arriviamo da Marco B. per farci dare le chiavi del magazzino da cui prendere dell'attrezzatura, mi assale qualche dubbio. La guida dovrebbe essere Stefano S. ma per tutta la durata del viaggio la frase che gli si sente dire più spesso è "Non mi ricordo". Stefano P. molto più pragmatico: "Se per domani mattino non ci facciamo sentire veniteci a cercare" ...Si, si, mi sento proprio in una "bote de fero".

Nonostante tutti i "non mi ricordo" di Stefano S. arriviamo senza problemi. Parcheggiamo, ci prepariamo, varchiamo il cancello del pastore (il cui terreno costituisce una servitù di passaggio per accedere alla grotta), salutiamo due bianchi cagnolini, ci avviamo ed entriamo. Percorriamo subito un basso cunicolo a carponi e sul soffitto è visibile una frattura. Se la si guarda per tutta la sua lunghezza sembra di percorrere una galleria a forma di ogiva, una forma che ricorda la cupola di qualche chiesa algherese stile arabo-spagnoleggiante.

E subito arriva il bello: un cunicolo estremamente basso da percorrere strisciando su neri ciotoli, di quelli che il giorno dopo fanno assomigliare le braccia e le gambe a quelle di un puffo, di quelli che fanno pensare alle ginocchiere che se la ridono a casa. Ma non tutto per fortuna è così doloroso, perchè seguendo il fiume che passa sotto il monte Castanza, ci sono cunicoli da percorrere carponi nell'acqua, ma soprattutto su sabbia e morbida argilla, che rende il tutto, nonostante l'acqua fredda, molto più divertente. Nel frattempo ho avuto tempo di imparare una cosa importantissima: mai lasciare lo zaino indietro. E siccome i miei "angeli custodi" sono freschi freschi di corso di aiuto-istruttore a Perdasdefogu, hanno pensato bene di insegnarmi tutto questo non semplicemente spiegandomelo, ma con una bella lezione pratica: lasciandolo indietro, per poi mostrarmi come sia faticoso andarlo a riprendere. E Stefano S. per essere sicuro che avessi appreso a dovere la lezione ha ripetuto l'esperimento una seconda volta: ENCOMIABILE! Autociandolo: "E' un ragazzo con la grotta dentro".

Dopo aver strisciato e carponato a sufficienza la volta della grotta si rialza e finalmente camminiamo in piedi, anche se poi al ritorno avremo modo di sentire la mancanza di tutta quell'acqua e dello strisciare. Nel nostro cammino incontriamo una bellissima colata bianca, e "visitiamo" perfino la "galleria delle Ostriche Nere", una bassa galleria che presenta alle pareti fossili di ostriche nere delle grandezza di un pugno e di più che sporgono dalle pareti.

Una volta passato lo stillicidio a "Doccia" raggiungiamo la fine del nostro percorso. La grotta è ancora percorribile ma con delle mute che non abbiamo, dal momento che dovremmo attraversare un tratto allagato profondo circa 1-1,5 m. A fatica convinciamo Stefano S. che è meglio tornare indietro: afflitto ma rassegnato ci da retta, avrà altre occasioni per dare prova di sè.

Facciamo il percorso a ritroso fino alla corda che ci permette di visitare la grotta ad un livello superiore, qui la parola d'ordine è "FANGO" e la mia è "SCIVOLARE". Il fango è daperttutto e si scivola che è un piacere e in tutte la maniere: di fianco, di schiena, sedere a terra, ce n'è per tutti i gusti, tanto che penso che probabilmente altre 5 o 6 cadute e potrò portarmi a casa un ballissimo tostapane. Io ogni tanto ci provo a fare opposizione, ogni tanto mi danno una mano, ma non c'è niente da fare scivolare è diventato il mio sport preferito. Una delle cose più belle è stata una pozza di fango da superare, in cui si correva seriamente il rischio di annegare (??? ndr), ma anche quella non ci ha fermato.

Ad un certo punto siamo così situati: chiudo il gruppo, davanti a me Stefano S. e più in là, nascosto alla vista di tutti Stefano P., poi si sente SPLAT! E a seguire il grido giubilante (infame) di Stefano S. che mi comunica che finalmente anche Stefano P. si è deciso a scivolare, lui ovviamente se la nega ma il rumore è inconfondibile... purtroppo il ragazzo non ci concede il replay.

Ormai le nostre fatiche volgono al termine. Dopo aver imboccato con sicurezza la via giusta ritorniamo al cunicolo iniziale mentre uno dei due Stefano, o forse tutti e due, concludono la grotta con una massima degna di essere riportata: "Butta il piede, l'appoggio arriverà". Questo perchè esattamente poco prima abbiamo dovuto superare un saltino, un dislivello di circa 2,5 m. Il primo Stefano è passato senza problemi, io sono stata aiutata a trovare gli appoggi, e mentre stavamo andando via siamo dovuti tornare indietro perchè il secondo Stefano aveva bisogno dello stesso tipo di aiuto...ho come avuto l'impressione che mi stessero prendendo in giro...Chi sia il primo e chi il secondo Stefano sta a chi legge capirlo.

E' stata per me una divertentissima uscita, la grotta mi è piaciuta molto, si sono visti ragni e pipistrelli, ostriche in tutte le salse, acqua e fango a volontà, lastroni di pietra che invadono gli ambienti, colate bianche e "docce", laghetti a uffa. E ancora una volta ho perso la cognizione del tempo, entrati alle 16.30 ne siamo usciti alle 21 circa, con ancora una pallida luce, riverbero di una giornata che muore, e le prime stelle che si accendono in cielo. La prima cosa da fare è ovviamente cambiarsi, la seconda cosa da fare è ovviamente mangiare, la terza è altrettanto ovviamente entrare in macchina, prima di gelare, e tornare a Sassari degustando durante il viaggio dei deliziosissimi e meritatissimi pasticcini...

...Altro che Capocaccia...

Sandra Cabras

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