Strettoie sul Monte Carmo (Savona)
22 Gennaio 2006


Il Monte Carmo si trova trai comuni di Bardineto, Toirano e Giustenice e sulle sue creste corre una parte dello spartiacque del bacino idrografico del fiume Pò: le precipitazioni del versante nord finiscono nell'Adriatico mentre quelle del versante sud nel Tirreno. Geologicamente è costituito da dolomia triassica della formazione di S. Pietro dei Monti, ed è caratterizzato dalla presenza di numerose pieghe.

Per raggiungere la zona di esplorazione prendiamo la strada che da Millesimo porta a Toirano attraverso una delle valli più fredde della provincia. Le pendici dei monti sono ricoperte di boschi di latifoglie completamente spogliati dall'inverno. Risaliamo la strada sino al passo e al primo tornante in discesa svoltiamo a sinistra su una strada sterrata che costeggia in quota il ripido pendio che scende verso il mare.
Lasciamo le auto tra il Buranco di S. Pietro e il Buranco della Carnabugia, indossiamo le tute speleo e prendiamo un ripido sentiero che scende tra gli alberi.

Ci sono da vedere alcuni buchi trovati da Sergio nelle uscite precedenti. Il primo si trova alla base di una paretina con splendida vista sulla valle. Si tratta di un buco perfettamente circolare del diametro di circa mezzo metro in leggera discesa. Dopo alcuni metri la condotta si restringe un poco e con una esse orizzontale si immette in una frattura meandriforme larga circa mezzo metro e alta uno e mezzo. Le pareti sono lisce e polverose, la cavità appare piuttosto secca, molto calda e priva di corrente d'aria. Il meandro continua in leggera discesa e vi sono alcune rientranze e un piccolo cunicolo impercorribile. La grotta termina con un gradino di mezzo metro sulla destra in parte ostruito da pietre. Scavando a mani libere sino alla terra concrezionata riesco ad aprire uno spiraglio sul fondo dal quale riesco a vedere un ambientino di circa mezzo metro col pavimento in terra e con un piccolo apporto di detrito dall'alto. La mancanza di aria e quello che ho potuto vedere mi formano l'idea che non ci siano possibilità di prosecuzione. Ma la grotta ha ancora delle sorprese per me: tante bestie da fotografare.

Guardiamo anche un altro piccolo buco poco distante che a differenza del primo è freddo umido e quasi privo di insetti. C'è da strisciare anche qui ma non si riesce ad andare lontano.

La giornata è riscaldata da un timido sole che porta la temperatura qualche grado sopra lo zero e riempie d'azzurro il cielo sgombro dalle nuvole. Una volta risaliti alle macchine ci prepariamo per il secondo obbiettivo: verificare il collegamento tra il Buranco di S. Pietro e il Buranco della Carnabugia. I due ingressi sono poco distanti in linea d'aria e sono entrambi piuttosto stretti.
In caso di temperature sotto la media, l'ingresso della grotta in basso (Buranco di S. Pietro) aspira mentre quello della grotta in alto (Buranco della Carnabugia) soffia. Questi dati sono in accordo con l'ipotesi che le due cavità siano collegate ma ancora non ci sono delle prove definitive. (Infatti potrebbe essere che l'ingresso alto della grotta in basso non sia conosciuto, così come quello basso della grotta in alto.) Per verificarlo Sergio vuole sfruttare un principio fisico per il quale se si tappa l'ingresso basso di una grotta, la corrente d'aria si fermerà quasi istantaneamente anche nell'ingresso alto. Per l'esperimento due squadre si posizionano sui due ingressi e la squadra bassa ostruisce l'accesso della grotta con dei grossi sacchi pieni di foglie e un telone. Ma sfortunatamente l'altra squadra non nota nessuna variazione apprezzabile della corrente d'aria. Probabilmente ci saranno altri ingressi, o magari le due grotte non sono collegate: nemmeno questa volta possiamo dare una risposta definitiva.

Prima di andare via c'è ancora il tempo per dare uno sguardo al Buranco dell'Acquaranda: davanti ad una pozza sul versante sinistro di una piccola valle si trova una risorgenza di portata modesta e poco più in alto una stretta frattura verticale da' accesso alla grotta. Dopo pochi metri si deve affrontare una prima strettoia e subito dopo una seconda ancora più impegnativa. Ci sono evidenti segni di eventi di piena (depositi di sabbia sospesi, pareti molto levigate e pulite) che fanno pensare che in caso di forti precipitazioni questi ambienti si allaghino completamente. Dalla seconda strettoia si può scendere verso un laghetto interno che alimenta la risorgenza dove comuque non ci sono possibilità di prosecuzione in quanto l'acqua filtra da un'interstrato millimetrico. Risalendo la frattura, alcuni metri più in alto un cunicolo orizzontale permette di avanzare per pochi metri prima di divenire troppo stretto per proseguire. Dietro un diaframma di roccia è però visibile una stanzetta e si sente dell'aria. Salendo ancora più in alto nella frattura si raggiunge un altro cunicolo orizzontale nel quale si prosegue strisciando per qualche metro. Anche in questo caso il passaggio è troppo stretto per proseguire ma dietro si vede chiaramente un ambiente ed un cunicolo che risale. Inoltre la corrente d'aria è ancora più forte rispetto all'altro passaggio e la possibilità di una prosecuzione è concreta.

Quando striscio fuori il sole sta per tramontare e riprendiamo il ripido sentiero verso le macchine. Nella penombra il bianco delle pareti contrasta con la vegetazione più scura mentre il cielo si colora d'arancio. I piedi affondano tra le foglie secche che ricoprono il sentiero e la fame inizia a farsi sentire. Ma ci siamo quasi, ancora qualche curva verso Carcare e anche per questa domenica ci siamo guadagnati la nostra pizza ed una birra media ghiacciata.

SP

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